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Giovani e scuola: perché ancora oggi si parla di abbandono?

L’Italia registra una delle più alte percentuali di abbandono scolastico in Europa. Sebbene si registri un miglioramento, è necessario compiere nuovi passi in avanti. Ma come?

Siamo nel 2023 e, da più di un decennio, l’intera Comunità Europea sta lavorando per ridurre il fenomeno di dispersione scolastica all’interno del continente, per ridurlo a meno del 10%.

Un numero che, ironicamente, ricorda proprio i parametri di valutazione scolastica: 10 è infatti anche il punteggio massimo che uno studente può ottenere in verifiche e interrogazioni.

La sfida è stata raggiunta? A livello europeo sì, con una percentuale che si è ridotta dal 13% al 9,9% proprio alle soglie del lockdown, che ha richiesto al mondo dell’istruzione un totale rinnovamento. I risultati hanno fatto ben sperare, tant’è che l’Unione Europea si è prefissata di ridurre nuovamente la soglia di un punto percentuale entro il 2030.

Tuttavia, i risultati italiani possono considerarsi altrettanto soddisfacenti? Il miglioramento è sicuramente significativo: dal 2011 ad oggi si è riusciti a scendere dal 18% al 13,1%, vedendo una sostanziale diminuzione di giovani che tra i 18 e i 24 anni hanno scelto di lasciare prematuramente la scuola. Il traguardo tagliato sembra ingente, ma non possiamo ignorare un ulteriore dato: l’Italia si trova appena fuori dal podio delle nazioni con più alta dispersione, quarta solo dopo Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%).

La penisola è colorata da sfumature tra loro molto disomogenee: rispetto alla media nazionale, il Sud del Paese registra percentuali di gran lunga superiori al resto del territorio, in particolar modo in quattro regioni: Sicilia (19,4%), Campania (17,3%), Calabria (16,6%) e Puglia (15,6%). Il Centro e il Nord sembrano aver raggiunto l’obiettivo stabilito dell’UE, con alcune eccezioni sparse tra le varie province.

Perché, allora, ancora oggi si parla di dispersione e abbandono scolastico?
Secondo uno studio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sono numerosi i fattori che possono influenzare la scelta dei giovani: livello socioeconomico, famiglia, finanche il genere.

L’appartenenza a una fascia socialmente svantaggiata sembra essere uno dei principali elementi di rischio per l’abbandono precoce: in generale, si registrano maggiori probabilità di abbandono tra coloro che hanno un basso reddito familiare, genitori disoccupati o che appartengono a minoranze, come ad esempio gli immigrati di seconda generazione.

Anche il livello di istruzione dei genitori rappresenterebbe un fattore chiave nel conseguimento di un diploma da parte dello studente. È ciò che emerge dallo studio La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione in Europa promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Se la domanda è “perché?”, una delle risposte può essere ritrovata proprio all’interno delle abitazioni: è possibile che povertà o scarsa intensività lavorativa dei genitori possa tradursi in deprivazioni materiali che contribuiscono alla crescita intellettuale dei figli. Un esempio concreto? La presenza o meno di libri, enciclopedie o testi di vario genere tra le librerie delle loro case.

Infine, anche tra il genere maschile e femminile si registra una differenza nel tasso di abbandono precoce: i maschi sono quasi due volte più inclini alla dispersione rispetto alle ragazze, dato che si ripropone ed espande in tutta l’Unione Europea. A questo fattore sono stati attribuiti motivi per lo più legati alla correlazione tra genere e risultati scolastici.

Oltre agli elementi citati, esistono fattori di contesto o individuali che possono spingere lo studente ad abbandonare gli studi, come ad esempio uno scarso coinvolgimento nello studio, una difficile situazione all’interno dell’ambiente scolastico e la scarsa motivazione personale.

Conoscere i motivi è un buon punto di inizio. Questi, infatti, ci danno un’idea di quanto i fattori sociali incidano nella scelta di abbandono. È necessario quindi riflettere su un elemento essenziale: è giusto colpevolizzare soltanto i giovani? Puntare il dito su di loro può tradursi nella creazione di stereotipi e stigmatizzazioni che possono generare un senso di fallimento nel giovane, il quale potrebbe avere importanti ricadute sulla propria percezione e autostima.

Ciò che occorre è una maggiore riflessione su come determinati fattori, ascritti all’interno della società, possano essere combattuti e superati. Realizzare contesti inclusivi attraverso programmi di supporto e tutoraggio e valorizzare gli studenti, potenziando al contempo le possibilità degli stessi una volta concluso il loro percorso educativo, potrebbe implementare un vero cambiamento all’interno delle strutture scolastiche.

L’istruzione delle nuove generazioni potrà contribuire a migliorare la loro qualità di vita. Ma se questo non bastasse, non dobbiamo dimenticare che giovani con un più alto tasso di istruzione rappresentino un valore aggiunto per l’intera comunità.

FONTI
https://www.openpolis.it/perche-sullabbandono-scolastico-resta-ancora-molto-da-fare/

https://www.openpolis.it/parole/che-cose-labbandono-scolastico/http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=56986#

http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=56986#