Green Gender Gap: perché sono le donne a prendersi cura del pianeta?
La Terra deve essere protetta e per salvarla bisogna mettere in atto dei comportamenti “green” ma non tutti si impegnano in egual misura: sono per la maggior parte le donne a vivere in modo etico e sostenibile.
Viviamo tutti sullo stesso pianeta, eppure, l’impegno per la sua salvaguardia non è distribuito in modo equo. Ad annunciarlo è Jack Duckett, direttore associato alla ricerca sugli stili di vita dei consumatori presso la società britannica Mintel, che ha riportato il fenomeno dopo aver esaminato le aree di contrasto maschile/femminile nell’approccio etico e sostenibile.
Dai dati analizzati si evince come il 71% delle donne provi a vivere in modo più equo rispetto al 59% degli uomini, generando un vero e proprio green gender gap: una disparità di genere nelle scelte ecologiche e negli stili di vita sostenibili.
Quale è l’origine di questo distacco tra uomini e donne?
Secondo Ducket, potrebbe avere le stesse radici della differenziazione dei ruoli all’interno della società odierna: le donne, infatti, tendono ancora a farsi carico della gestione della casa mentre gli uomini credono che prendersi cura dell’ambiente possa minare in qualche modo la loro mascolinità.
A conferma di tali risultati interviene un’ulteriore ricerca, questa volta americana, condotta da Ogilvy Earth, che riporta come l’essere ambientalisti abbia generato uno stereotipo tutto al femminile.
Gli uomini evitano comportamenti eco-compatibili a causa della paura che gli altri possano mettere in dubbio il loro orientamento sessuale. Un preconcetto che dovrebbe essere ampiamente superato ma è, purtroppo, ancora presente all’interno della società contemporanea.
Seppur con le dovute attenzioni che accompagnano qualsiasi generalizzazione, è evidente come le differenti caratteristiche tra uomo e donna possano facilitare un automatismo di un gruppo rispetto all’altro. Una maggiore tendenza prosociale e una spiccata empatia, caratteristiche tendenzialmente associate al sesso femminile, sono sicuramente d’aiuto all’interiorizzazione di una forte senso etico, che si tramuta anche in una maggiore attenzione e responsabilità verso l’ambiente.
Ma ciò rimane, comunque, una scusa non più accettabile.
Come si può colmare questo gap?
Il team dei ricercatori Aaron R. Brough e James E.B. Wilkie ha proposto una soluzione: comunicare e promuovere l’ambientalismo attraverso figure maschili.
Non più quindi la donna protettrice della casa e del pianeta, ma anche l’uomo, figlio, padre, marito, amico, che combatte per salvare la vita delle persone a cui vuole bene.
Fortunatamente, le nuove generazioni hanno acquisito una maggiore fluidità nella concezione del ruolo sia femminile che maschile: sono, infatti, molto più flessibili e danno molta meno importanza alle idee di virilità e machismo tipiche delle generazioni precedenti.
I Millennials e la Generazione Z, tuttavia, hanno dimostrato di essere perfettamente allineati sulla crisi climatica, dando vita e forza ad un pensiero che si è tramutato in azioni, con una potenza tale da riuscire a cambiare anche le regole dei mercati: il 68% degli europei ritengono che essere rispettosi dell’ambiente sia più importante di qualsiasi acquisto; questo pensiero tra i giovani arriva a toccare fino all’80% delle persone.
È quindi l’abbattimento di stereotipi, l’equalizzazione dei generi e la promozione di sentimenti empatici a rendere possibile la creazione di un mondo etico. E quindi, più sostenibile.
Fonti: