Gli studenti possono recuperare a settembre, ma la scuola comincia ad essere fuori tempo massimo.
Abbiamo intervistato la professoressa Orietta Salemi di Verona, che ci ha parlato dell’efficacia e dei limiti dei cosiddetti “esami di riparazione. Risorse scolastiche, difficoltà con lo scritto e cambiamento del pensiero analitico negli studenti aprono le porte ad una nuova idea di insegnamento.
Debiti formativi ed esami di riparazione: una breve panoramica sulla scuola di oggi
“Iniziamo col dire che gli esami di riparazione oggi si definiscono ‘prove per l’assolvimento del debito formativo’” spiega Salemi. Ma cosa si intende di preciso? Facciamo un breve passo indietro.
“L’anno scolastico prevede una valutazione a metà del percorso, una pagella in cui è indicato l’andamento dello studente fino a quel momento. In caso di insufficienza è previsto un percorso di assolvimento nel corso dell’anno” chiarisce Salemi. “Con questa finalità ogni Istituto si impegna a organizzare corsi e attività di sostegno per aiutare gli studenti con insufficienza ad arrivare allo scrutinio finale con il debito in itinere riparato; se ciò non dovesse verificarsi lil percorso di assolvimento del debito potrà avvenire tra Giugno e Settembre”.
Tra le attività promosse dalla scuola le principali sono: gli sportelli “help” dedicati ad argomenti specifici di qualsiasi materia (utili soprattutto per lingue, matematica, latino e greco). In questo caso, nel corso dell’anno scolastico un docente si mette a disposizione del singolo studente per intervenire su singoli argomenti da potenziare per il superamento di una specifica difficoltà.
Esistono poi i corsi di recupero veri e propri, organizzati sia in corso d’anno che prima del rientro a scuola in settembre, quando gli studenti, il cui giudizio è stato sospeso nello scrutinio di fine anno, potranno assolvere il proprio debito nelle discipline risultate insufficienti. I corsi sono organizzati per disciplina, a pacchetti di ore (in genere 8 o 10). I ragazzi e le ragazze possono scegliere di avvalersi o meno di questa forma di recupero, anche perché talvolta le famiglie preferiscono un intervento più personalizzato e si affidano alle lezioni private – le cosiddette ‘ripetizioni’.
“Tuttavia l’assolvimento del debito è, ormai, entrato nei meccanismi di base della scuola ed è la stessa istituzione scolastica ad organizzarsi per offrire l’equivalente del sistema dellelezioni private, un tempo molto più gettonato rispetto a oggi” spiega Salemi. “Questo dà la misura di come la scuola si sia evoluta in senso pedagogico”.
Fino a qualche decennio fa, infatti, il recupero dell’insufficienza era a capo del solo studente e della sua famiglia, che si caricava in toto la responsabilità di sanare le insufficienze per l’assolvimento del debito e la promozione. Ora questo paradigma si è rovesciato: “La scuola, che è istituzione educativa, deve contemplare nel piano di offerta formativa anche le attività di accompagnamento dedicate agli studenti che incontrano delle difficoltà” precisa Salemi.
Questo senz’altro, almeno in linea di principio: tutti gli Istituti si prodigano nel garantire un sistema di accompagnamento e recupero dello studente/ssa, anche se il grado di incidenza di queste attività sui costi complessivi della scuola è alto. “Negli ultimi anni si è cercato di adeguare il budget, ma i costi vivi di queste iniziative costringono talvolta a selezionarne solo alcune tra le discipline oggetto del recupero”.
Del resto la formazione è una dimensione complessa e gli aspetti di criticità del sistema non mancano. Per capire meglio la professoressa fa un esempio pratico.
“Se uno studente ha delle insufficienze gravi in più materie – soprattutto se sono materie di indirizzo del curricolo scelto vuol dire che c’è sia un problema legato alla scelta del percorso scolastico, sia di inadeguatezza rispetto alla tenuta dello studio. Questo ha delle conseguenze anche sulla gestione del recupero: una scuola può garantire il recupero di due, tre materie al massimo, non di più. Diversamente il carico non sarebbe sostenibile per lo studente e, sul piano delle risorse umane e finanziarie, per l’Istituto stesso”.
Un cambio di paradigma nella scuola italiana
Soprattutto nell’ultimo periodo, però, il recupero del debito è diventato una delle attività chiave della scuola italiana. Dobbiamo infatti tenere a mente che durante le attività scolastiche non si sta solo verificando la conoscenza, ma si va a costruire il sapere insieme agli alunni.
“Da alcuni anni a questa parte, la scuola sta lavorando per prendere in carico tutti gli ostacoli che uno studente può vivere nel suo percorso” spiega Salemi. “Questo riguarda sia i momenti di difficoltà temporanei, che quelli, più profondi e radicati, di metodo. Nel nostro Istituto, ad esempio, adottiamo un sistema che non si limita a un mero recupero della materia ma prevede anche delle attività preventive per abituare al metodo di studio di un liceo, spesso piuttosto impegnativo”.
Il sistema del recupero, quindi, non si limita a un esame per intervenire sull’insufficienza: “Non esiste più una logica basata sulla riparazione, ma è la scuola che accompagna l’alunno dal momento in cui entra, mettendogli a disposizione una serie di opportunità per rendere il suo percorso ottimale. Tutto ciò concorre a definire il profilo dello studente, non solo a livello di esiti scolastici, ma anche sul piano dell’attitudine e coinvolgimento all’ecosistema scuola”. Ogni caso, però, è a sé: è chiaro che bisogna mettere lo studente in condizione di recuperare, ma i corsi di recupero sono sempre efficaci?
“Chi ha la media del 3 in una materia dimostra di avere problemi di apprendimento di carattere strutturale” chiarisce Salemi. “In questi casi il corso di recupero non serve a molto: di fronte a un voto così basso è evidente che per il tipo di rigore analitico, i contenuti e la modalità, la materia non fa per lo studente. Nei casi in cui il voto è più alto, ma comunque insufficiente, con un lavoro più metodico si può arrivare a colmare le lacune”.
I limiti del recupero scolastico e le sfide da affrontare
Come spiega Salemi, quindi, i corsi di recupero e l’esame finale funzionano se l’insufficienza non è grave ed è dovuta, ad esempio, a un corto circuito nel percorso dello studente, a una transizione difficile tra gli argomenti del programma formativo, o a un momento di assestamento nella crescita personale e accademica.
“Voglio fare un esempio pratico: oggi sperimentiamo, nelle nuove generazioni, una strutturazione del pensiero differente rispetto a quella di soli 10 o 15 anni fa: questo mutamento cognitivo è legato all’uso pervasivo della tecnologia e dei modelli social che disabituano all’habitus analitico: la traduzione dal latino, dal greco, o l’esercizio di matematica, che richiedono un procedere per ipotesi e scarti, così come una buona dose di pazienza e costanza, diventano prove di resistenza e concentrazione spesso insormontabili.
“Sono ragazzi intelligenti, svegli e dotati, con attitudine e interessi, ma spesso negli scritti, dove devono misurarsi con un procedimento di decostruzione e ricomposizione del pensiero, arrancano. Perciò si verifica il fenomeno di una discrepanza netta di performance tra gli esiti delle prove scritte e orali
Esami di riparazione, come li vivono gli studenti?
Il debito formativo non è altro che una sospensione del giudizio a giugno, a fine anno scolastico, e il procrastinare il calcolo dei crediti formativi a settembre. Ma come reagiscono studenti e famiglie davanti a una situazione del genere?
“Per la mia esperienza di docente – dice Salemi – il ragazzo consapevole dei suoi limiti sa che mettendoci un po’ di impegno in più riesce a recuperare. Ma c’è anche chi invece fa più faticaa comprenderne il senso, e vive l’esame di settembre come una punizione e non come un’opportunità. Noi docenti e coordinatori di classe ci mettiamo a disposizione degli studenti con il debito e delle loro famiglie, spiegando il problema sorto durante l’anno e il tipo di lavoro che deve essere svolto per recuperare il debito formativo, perché l’obiettivo vero è permettere allo studente /ssa di iniziare l’anno seguente senza pendenze, e pertanto con maggior sua serenità”.
Il cambiamento auspicabile
Tuttavia il sistema scuola deve cambiare, al passo con la rivoluzione cognitiva in atto. “La crescente difficoltà negli esami scritti ci costringe a riflettere su come valutiamo le competenze. Dovremmo iniziare a pensare a nuovi modi di valutazione, per esempio superando la distinzione tra scritto e orale. Più gli anni passano, più la riparazione diventa qualcosa di accessorio: quello di cui la scuola del 2023 avrebbe bisogno è di un sistema flessibile che consenta gruppi di lavoro diversificati, anche in itinere, con possibilità di accompagnare e quindi valorizzare differenti attitudini e capacità, magari contemplandoun’organizzazione oraria più duttile, pause didattiche per taluni e percorsi di approfondimento per chi raggiunge più rapidamente i livelli di conoscenza/competenzaprevisti dal curricolo. Sarebbe auspicabile anche un quinto anno strutturato in modo nuovo, magari orientativo o di potenziamento dell’indirizzo professionale o di studi post secondaria: ormai è paradossale che in concomitanza dello studio liceale di tutte le materie, anche in vista della Maturità, i nostri studenti siano chiamati a prepararsi ai test d’ingresso per l’ammissione all’università. Anzi, talvolta i ragazzi arrivano a svolgere l’Esame di Stato dopo essere già stati ammessi alle differenti facoltà. Ciò significa un dispendio di energie e concentrazione, uno sforzo di motivazione davvero inconcepibili.
In conclusione, mentre il recupero del debito può aiutare gli studenti a rimettersi in carreggiata, la scuola stessa si dimostra in difficoltà, e ha bisogno di interrogarsi nuovamente sulla sua missione e sui traguardi che si prefigge. La nostra attenzione non dovrebbe concentrarsi solo su ciò che accade a settembre, ma su come possiamo rendere l’istruzione pertinente, efficace e adatta alle sfide del 21° secolo.
*Orietta Salemi è professoressa di Lettere, Greco, e Latino al Liceo Classico Scipione Maffei di Verona e Coordinatrice di Classe.