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Assetati di sapere, così si affronta il futuro

Materie utili al quotidiano ed empatia: così Antongiulio Borrelli immagina la scuola di domani

Empatia e capacità leggere le inclinazioni degli alunni, ricordando che “andare a scuola è ben diverso da studiare”. Ne è convinto Antongiulio Borrelli, ingegnere meccanico oggi trentenne che da circa dieci anni si dedica all’attività di supporto didattico di studenti in difficoltà con lezioni private e doposcuola.

Che relazione ha con i suoi studenti?

Il prof troppo amico dello studente non viene preso sul serio. Però ragazzi hanno bisogno di una figura di cui fidarsi, non di un rapporto uno contro uno. Io quindi cerco di essere un tutor che li accompagna in un percorso.

Com’è noto, a causa della pandemia, la didattica a distanza ha fatto irruzione nella scuola italiana. Il metodo didattico verso quale orizzonte pensa andrà?

Mi auguro si faccia tesoro dell’esperienza integrandola con i metodi di insegnamento tradizionale, quindi lezione frontale e Dad. Sicuramente lo studente è più attento nella prima. Ha una soglia di attenzione maggiore perché vede davanti a sé una figura con una materialità e una gestualità non bidimensionali, che lo coinvolgono e a livello cognitivo e visivo catalizzano molto di più l’attenzione. Ma a volte dal vivo un insegnante può essere limitato. Se sto spiegando e scrivendo alla lavagna col gesso, non posso utilizzare altri strumenti oggi molto comodi. Io personalmente non mi limito all’uso della lavagna virtuale: faccio integrazioni, uso dei software per mostrare ai ragazzi grafici o animazioni. Il futuro pertanto dovrebbe essere un ibrido. Se l’insegnamento dal vivo, oltre ai laboratori, potesse avvalersi degli strumenti virtuali sarebbe un gran passo. Sicuramente la digitalizzazione dell’insegnamento è necessaria, non in toto, ma in parte sì.

Secondo la sua esperienza di docente che entra in gioco dopo l’orario curriculare, la scuola italiana si è dimostrata all’altezza del cambiamento in questo anno e mezzo?

Non essendo io di ruolo non mi andrebbe di puntare il dito contro il sistema scolastico o contro gli insegnanti. Mi metto invece nei panni di quest’ultimi, che magari per trenta anni hanno insegnato in presenza e poi si sono ritrovati a dover fare tutto via computer. Io stesso ho trovato difficoltà a gestire l’aula. Quando hai una classe di 7-8 persone all’interno della quale emergono problemi a livello di connessione, la lezione diventa molto difficile. Figuriamoci con un’aula di 20-30 studenti. Un professore cosa può fare? Spesso la qualità della lezione non dipende dalle capacità dell’insegnante, ma dalla qualità della tecnologia che può sfruttare.

Quali sono le materie/discipline che oggi bisognerebbe insegnare ai ragazzi, ai giovani, per far fronte al futuro?

È una domanda da un milione di dollari. Intanto, manca una corretta informazione rispetto ai tanti indirizzi di studio esistenti. Spesso si sceglie una scuola perché va di moda, è di tendenza. Io sarei per l’istituzione di una sorta di pre-liceo durante il quale acquisire conoscenza di materie che sono alla base della vita quotidiana: inglese, economia, magari educazione civica, educazione fisica, educazione nutrizionale, informatica, logica e matematica di base affrontate con estremo rigore. Successivamente, darei ai ragazzi la possibilità di scegliere un indirizzo di studi. Anche l’insegnamento dell’italiano, purtroppo, è sottovalutato: abbiamo troppi giovani analfabeti funzionali, ragazzi che non sanno nemmeno guardarsi intorno, non sanno capire un testo e riassumerlo o articolare un discorso. Come si fa a insegnare loro greco o fisica?

Il nostro Paese ha un gap storico rispetto al resto d’Europa sull’apprendimento delle materie scientifiche. Quali sono le cause?

A mio avviso il problema deriva da presupposti sbagliati nella scelta della scuola. Oggi regna un falso mito da boomer per il quale chi si iscrive al liceo è intelligente, vale qualcosa e viene osannato; chi va altrove no. Che succede però? Che magari si sceglie lo Scientifico senza avere predisposizione per la matematica o il Classico senza averla per il greco o il latino. Il risultato sono classi di odiatori seriali di determinate materie. Altra causa è l’incapacità di seguire l’inclinazione del ragazzo. Ne ho seguiti due molto portati per materie non scolastiche, calcio e recitazione. Perché negare loro di coltivare una passione o un talento? Per loro prendere il diploma, per imposizione genitoriale, è stata una fatica… Eppure avevano sete di imparare, ma qualcosa di diverso dalle materie scolastiche.

Che ha imparato dai ragazzi in questi anni?

Ho imparato empatia più che altro. Troppo spesso l’insegnamento viene concepito come un marchingegno, un meccanismo preciso dove c’è chi spiega e insegna, e chi fa i compiti. Io ho imparato ad ascoltare i miei alunni al di là dell’ambito scolastico. A volte bisogna capire cosa passa nella testa di ognuno di loro per sbloccarli. Molti considerano frequentare la scuola come una perdita di tempo. Ma andare a scuola è diverso dallo studiare ed è inutile andarci se non si riesce a stare attenti. L’importante è studiare, che è ben diverso dall’andare a scuola.