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Educare al digitale: l’approccio multidisciplinare dell’A.I.C.S. nella lotta contro i rischi virtuali

Il web cresce, evolve e con lui anche tutti i potenziali rischi che ogni giorno presenta. Ma aumenta, insieme a questi, anche la consapevolezza sul suo utilizzo? Ne parliamo con L’Associazione Italiana di prevenzione al Cyberbullismo e al Sexting

Un veicolo di svago, ma anche una potenziale trappola: il web accompagna le nostre vite, ma non senza pericoli. Sebbene molti di questi siano noti a gran parte degli utenti, spesso lo sguardo si volta dall’altro lato e li evita. Ma quanto siamo davvero consapevoli dei rischi che il web nasconde? Quante volte ci siamo chiesti come utilizzare al meglio ogni strumento digitale?

L’Associazione Italiana di prevenzione al Cyberbullismo e al Sexting (A.I.C.S.) ha scelto di occuparsi proprio di questo: non solo di sensibilizzare ai pericoli della rete, ma anche di coinvolgere le nuove generazioni in progetti che rendano l’utilizzo del web un potenziale veicolo per la crescita e la costruzione del proprio futuro.

Un membro dell’associazione, il dottor Luca Zacchi, psicologo e orientatore esperto in educazione digitale e rischi virtuali, ci spiega il lavoro messo in campo da A.I.C.S., approfondendo le sfide che ci troviamo ad affrontare parlando di digitale e nuove generazioni.

A.I.C.S: da dove nasce il vostro progetto?
L’associazione nasce dall’idea del dottor Andrea Bilotto, psicologo e psicoterapeuta sistemico che da molti anni era interessato a temi quali bullismo e cyberbullismo. Il suo progetto voleva riunire una serie di professionisti qualificati (psicologi, avvocati e professionisti nel campo della formazione) che potessero coprire la maggior parte del territorio nazionale sensibilizzando sulle tematiche che rappresentano il nostro “core”. È così che è nata e cresciuta A.I.C.S.

Il vostro nome anticipa già il focus, ma se volessimo approfondire, quali sono le vostre principali attività?
Svolgiamo diverse attività: oltre a quelle che si leggono dalla nostra sigla e, quindi, prevenzione verso cyberbullismo e rischi e pericoli dell’ambito digitale, ci focalizziamo anche sul lato dell’orientamento – che, tra l’altro, rappresenta il mio campo specifico. Detto ciò, è fondamentale sottolineare che, quando parliamo di “rischi sul web”, il cyberbullismo è chiaramente centrale ma non è l’unica insidia. Esistono una serie di pericoli e specificità che oggi entrano in gioco e che con la nostra associazione vogliamo sensibilizzare: il corretto uso del web, la consapevolezza sugli effetti che possono avere gli strumenti digitali sulla persona e, soprattutto, l’abuso del digitale.

Su tutti questi temi, noi organizziamo attività concrete e pratiche. Lo facciamo, soprattutto, con la prevenzione e la formazione nelle scuole, ma non solo. Organizziamo incontri anche con i genitori o per le aziende.

Hai sottolineato la diversa natura dei rischi, ma come si manifestano?
Ci sono varie classi di rischio che possono avere ripercussioni diverse. Tra i più sottovalutati troviamo, ad esempio, quelli legati alla salute fisica e mentale. Molte persone, ad esempio, hanno iniziato ad accusare la “text neck syndrome” che si presenta con un persistente dolore al collo dovuto alla postura che si assume osservando il telefono. A questo si aggiungono i problemi alla vista o alla schiena, anche questi conseguenti alla prolungata esposizione davanti a uno schermo. Ma non solo, sono numerosi anche i rischi legati all’aspetto psicofisico: molte persone accusano maggiori difficoltà ad addormentarsi dopo aver trascorso molte ore davanti al telefono ed è in crescita anche il cosiddetto “notification stress”, ovvero lo stress specifico che si presenta nel momento in cui abbiamo necessità di rispondere continuamente ai segnali che riceviamo dal telefono. Le notifiche, inoltre, hanno portato a un tipo di attenzione che è sempre più frammentata perché veniamo continuamente distratti dal richiamo del cellulare.

I problemi si traducono anche sul piano dell’educazione: pensiamo a quanto spesso i genitori scelgono di dare il tablet o lo smartphone al figlio di pochi anni per distrarlo. Questo fenomeno ha oggi un nome, viene definito “pacifier technology” letteralmente “tecnologia ciuccio”. Il rischio è che, a differenza del ciuccio, diventi molto più complesso riuscire a eliminare dalla crescita del proprio figlio uno strumento digitale.

Oltre a ciò, ci sono i rischi più conosciuti.
Ci sono pericoli più conosciuti e che, purtroppo, vedono anche conseguenze più estreme. Tra questi, il furto dei dati e della propria immagine per scopi terzi, il cyberbullismo, il sexting non consensuale e il revenge porn. Sono azioni alle quali conseguono ansie e stress e che possono avere risvolti tragici che tutti noi conosciamo. Oggi, inoltre, con l’introduzione e la crescita dell’intelligenza artificiale si parla sempre di più anche del fenomeno del “deepfake” che consiste nel rubare il volto di un soggetto e ritrarlo, grazie a specifici programmi di AI, in situazioni spiacevoli di diversa natura.

Quindi i pericoli evolvono con l’evolvere delle tecnologie. Ma ne consegue una consapevolezza e una preparazione maggiore delle nuove generazioni?
Ci tengo a dire che molti dei rischi che oggi troviamo sul web, sono gli stessi del passato, ma hanno solo cambiato canale. Si pensi, ad esempio, alla televisione: qualche decennio fa si parlava del timore che questa potesse generare una dipendenza. Oggi il timore è lo stesso, ma lo si avverte sui dispositivi mobili. Anche l’utilizzo che facciamo degli strumenti è simile: già con la televisione non si faticava a cercare contenuti di rilievo, abbandonandosi ai soli programmi ludici per svagarci. Questa stessa cosa la facciamo con i telefoni: non ci chiediamo se il tempo di utilizzo di uno smartphone possa andare a nostro favore, se possa ridarci qualcosa di concreto. Con questo posso rispondere alla tua domanda: che siano più o meno evoluti, i rischi rimangono e le generazioni non si dimostrano più consapevoli. È vero che siamo davanti a una generazione digitale, nata sotto l’ala della tecnologia, ma ciò non significa che sia allo stesso tempo istruita al meglio per il suo utilizzo.

È proprio qua che entrate in gioco voi: come vi rapportate con l’esterno per la vostra attività di prevenzione e sensibilizzazione?
Da alcuni anni abbiamo iniziato con attività che hanno coinvolto centinaia di scuole in Italia. Questo è stato possibile anche grazie al contributo di alcune aziende partner che ci hanno chiesto di collaborare su progetti di scala nazionale. Le attività sono state sia dal vivo che online, con target che potevano variare: studenti, insegnanti o genitori. Quello che da sempre cerchiamo di far capire è che oggi non bastano più semplici incontri di discussione, ma che bisogna alzare il livello della sensibilizzazione. È necessario procedere con continuità e capillarità, trattare argomenti e organizzare più incontri a distanza di tempo per monitorare quanto imparato e applicato alla vita di tutti i giorni. Il problema è che attività di questo tipo richiedono un impegno attivo tanto dall’istituzione scolastica quanto dal genitore, e non è scontato che avvenga.
Inoltre, c’è un lavoro importante anche sulle soft e life skills: dobbiamo lavorare sull’emotività e l’empatia, sulle attività di team, sulla valorizzazione dell’inclusione e della diversità, oltreché capire come usare il proprio tempo sul web in maniera virtuosa.

In questo senso si collega il suo ruolo di orientatore?
Da orientatore lavoro proprio sulle soft skill e il mindset. Oggigiorno, per figure come le nostre non basta più descrivere al ragazzo quello che andrà a fare in un determinato corso di studio. Per aiutarlo a formarsi come persona è necessario osservarlo, capire le sue difficoltà e le sue aspettative sul futuro affinché diventi sempre più autonomo sia nel trovare le informazioni corrette sia per essere indirizzato nel mondo esterno. Parlando di questo i ragazzi si rendono conto che sono loro gli artefici di quanto succederà nella propria vita.

Tutto questo come si collega con il buon uso del digitale?
Per prima cosa, insegniamo al ragazzo l’utilizzo virtuoso del digitale. Questo non significa solo sensibilizzare su ciò che è sbagliato ma anche, soprattutto, mostrare come utilizzare gli strumenti affinché siano utili per la propria vita – ad esempio, cercando di capire se esistono profili o pagine che mostrano attività di interesse per il futuro dello studente, che possano orientarlo a un determinato tipo di lavoro o di passione. Per farlo, però, è necessario che il giovane abbia in mente cosa vuole realizzare, chi vuol essere e di conseguenza, che cerchi canali che lo aiutino a raggiungere i suoi obiettivi. In questo si coniuga l’impegno degli orientatori con l’utilizzo del digitale.

Come immagini il futuro nella rete? Nonostante la prevenzione e il vostro lavoro di sensibilizzazione, credi che i rischi e le vittime cresceranno o ci potrà essere un cambio nell’approccio?
Per mio personalissimo parere, temo che nel breve periodo non ci saranno cambiamenti. Anzi, negli ultimi anni ho visto estremi peggioramenti sul web. Basti pensare, ad esempio, ai video sulle piattaforme: alcuni ci raccontano della nostra dipendenza da smartphone – vedasi video del Capodanno a Parigi dove centinaia di persone tengono in mano il telefono per riprendere lo scoccare della mezzanotte – altri ci riportano la brutalità delle persone – come, ad esempio, i sempre più frequenti video in cui vengono maltrattati gli animali. In più, siamo circondati da contesti che per loro natura richiedono di immergerci nel web: si pensi anche a un semplice lavoro d’ufficio. Il problema riguarda tutti, non solo le giovani generazioni: come possono dei genitori istruire sul buon uso del web se sono loro i primi a essere vittime dello stesso?

A.I.C.S è un buon modo per emergere da queste “trappole”: in che modo è possibile entrare in contatto con voi e chiedervi aiuto?
Noi siamo sempre a disposizione per chi ne ha bisogno: scuole, istituzioni, aziende ed enti possono contattarci per capire come affrontare certe problematiche. Dopo una prima richiesta di aiuto, possiamo creare insieme un progetto e dargli vita. Parliamo sia di orientamento che di cyberbullismo e di tutti i fenomeni e gli aspetti a essi collegati. Io invito tutti quanti, se interessati a sapere cosa facciamo, a sottoporci dei casi o a richiederci degli interventi all’interno delle proprie strutture scolastiche e non. Sul sito di A.I.C.S. abbiamo un form da compilare per un primo contatto. Inoltre, noi operatori siamo tutti quanti reperibili su LinkedIn con i nostri nomi e cognomi.