Gli occhi con i quali Verga guardava il mondo
Nella mostra della Fondazione 3M ‘Verga Fotografo – la segreta mania’ le immagini rivelano lo sguardo dello scrittore e un nuovo modo di raccontarlo alla scuola e al pubblico, facendoci riflettere sul ruolo di ognuno di ‘costruire patrimonio’ nell’era della digitalità.
Anche la famiglia di Giovanni Verga teneva i ricordi in soffitta. Era il 1966 e, da alcune scatole marchiate Fratelli Lumière e Cappelli, scaturirono 327 negativi su lastra di vetro, poi arricchiti da altri 121 negativi in celluloide arrotolati “in forma di sigaretta”.
Giovanni Verga amava fotografare. Di più, era un vero appassionato: andava alla ricerca degli ultimi modelli di macchine fotografiche, prima a Milano e poi a Londra, studiava i materiali e chiedeva consiglio all’amico fraterno, fotografo ed ispiratore della svolta verista Luigi Capuana. Era la sua ‘segreta mania’ e quelle foto, scattate tra il 1887 e il 1902, “ci fanno vedere l’occhio di Verga verso il mondo; un occhio – spiega Daniela Aleggiani, Vicepresidente e Segretario Generale di Fondazione 3M – che non ci stupiamo sia incentrato sulle persone e sul mondo che ha narrato nelle Novelle o nei Malavoglia, con ritratti di familiari, amici e contadini al lavoro ma anche sui luoghi che frequentava durante i viaggi nel nord Italia e Svizzera”.
Che cosa riserva la mostra alla scuola e al pubblico?
Le fotografie non rivelano nulla che non sapessimo di Verga, ma ce lo raccontano in una maniera completamente nuova rispetto a quella che abbiamo studiato a scuola. È questa la forza stessa delle immagini, quella di offrire un linguaggio alternativo ma non esclusivo. Un medium con il quale la scuola può arricchirsi di nuovi metodi didattici. Lo abbiamo sperimentato nell’esperienza delle scolaresche che hanno visitato la mostra, ora aperta nel Paese siciliano di Vizzini, Catania e a Noventa Vicentina. Un risultato che conferma la strategia che la Fondazione 3M segue da anni: ben vengano, infatti, le grandi mostre e gli anniversari celebrati, ma la cultura e il patrimonio devono essere vivi tra le persone, pulsare anche in rivoli più piccoli e capillari raggiungendo tanti studenti e tante persone in tutta Italia.
Che spunti ci offre il Verga fotografo nel XXI secolo?
Credo che continuino ad arricchirsi. Il mondo che racconta non è così lontano dall’esperienza di tante persone nel pianeta di oggi, mentre questa sua passione fotografica, che noi riscopriamo, ci porta a confrontarci con una domanda: che cos’è patrimonio nell’era delle immagini digitali?
Le immagini fotografiche prima e quelle digitali, poi, hanno cambiato completamente il nostro modo di fare, raccogliere, condividere cultura. Io penso che Verga ne fosse cosciente. I suoi ‘scatti’ di contadini al lavoro – scatti che richiedevano lunghi minuti di esposizione con le macchine dell’epoca – erano delle testimonianze del suo tempo: un’altra forma di patrimonio che Verga ha intenzionalmente consegnato al futuro assieme ai suoi libri e racconti.
Ora noi ci confrontiamo con miliardi di foto e video scattati ogni giorno. La testimonianza antropologica più vasta nella storia dell’umanità. Che cosa scegliamo di conservare? Dove lo esponiamo? Che ruolo hanno le persone, le comunità, nel costruire il patrimonio del quale usufruiamo, oggi, e la testimonianza che lasceremo al futuro? E ancora, dove verrà conservato questo enorme patrimonio, visto che motori di ricerca come YouTube e piattaforme social non sono archivi e potrebbero ‘spegnarsi’ qualora tenerli accesi non risultasse più proficuo economicamente?
Queste sono le domande alle quali ‘Verga Fotografo – la segreta mania’ ci fa pensare, anche perché, alla fine, le foto di Verga sono la testimonianza storica di un appassionato, un ricordo di famiglia e un ‘oggetto’ fotografico divenuto patrimonio digitale. Un tema quanto mai attuale quando tutti e tutte possiamo diventare contributori di cultura e testimoni del nostro tempo.