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I tuoi acquisti sono liberi da pregiudizi?

Da cosa è spinto l’individuo nella propria scelta di acquisto? L’economia comportamentale prova a rispondere a questa domanda, dimostrando che non sono solo frutto di semplice utilitarismo e che possono cambiare a seconda dell’età

Nella società in cui viviamo, veniamo costantemente travolti da un vortice di stimoli esterni che richiedono la nostra attenzione. Il tempo per poter riflettere e rispondere a essi è sempre più breve, e diventa necessario chiedere aiuto a “scorciatoie” e “pregiudizi” mentali.

Questo avviene anche quando le scelte richiedono investimenti monetari: vi siete mai chiesti perché, dopo l’acquisto della vostra auto, iniziate a notarne una quantità crescente tra le strade della vostra città? In realtà, non rappresenta una coincidenza; è frutto del vostro pensiero, un modo per rispondere velocemente al bisogno di confermare le vostre scelte e assicurarvi di aver fatto quelle giuste. Negli studi economici esiste una branca che indaga tali pregiudizi mentali: si chiama economia comportamentale e, da almeno metà dello scorso secolo, analizza i fattori emotivi e sociali che guidano le scelte finanziarie degli individui.

Ne abbiamo parlato con di Marco Spallone, Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università G. d’Annunzio di Pescara.

Cosa significa “economia comportamentale” e perché si distingue dalle teorie dell’economia “classica”?
L’economia comportamentale prova a spiegare le scelte degli individui che non sono coerenti con le predizioni teoriche della teoria classica, basata sull’idea che queste siano guidate dalla volontà di massimizzare i propri obiettivi in termini utilitaristici e su un’idea stringente di razionalità. L’economia comportamentale considera le scelte prese dal consumatore come guidate da fattori emotivi, psicologici, culturali e sociali, come invidia, rimpianto, nazionalismo, solidarietà, ecc. Questi distorcono le scelte razionali e in certi casi possono rivelarsi “bias”, ovvero errori comportamentali molto comuni nella società.

Quali sono i più diffusi?
I bias sono numerosi. Tra i più comuni abbiamo, ad esempio, il bias dell’”ancoraggio”, che spinge il consumatore a prendere decisioni in base alle prime informazioni disponibili; ne sono un esempio i saldi che molto spesso guidano un comportamento di acquisto che non sarebbe portato a termine in condizioni di normalità. Oppure il bias della “conferma”, quel genere di percezione per cui il nostro cervello è alla continua ricerca di conferme per assicurarsi di aver fatto la scelta giusta come, ad esempio, il notare frequentemente un determinato prodotto non appena lo abbiamo comprato. Ne esistono moltissimi  nello studio di questa branca dell’economia.

Si parla di economia comportamentale da circa la seconda metà dello scorso secolo. Come sono cambiati i comportamenti finanziari e di acquisto delle persone nel corso della storia?
I comportamenti dipendono in modo cruciale dal contesto sociale e istituzionale in cui vengono osservati. Il modo in cui vengono percepiti alcuni beni e servizi, nonché la varietà tra cui scegliere, cambiano rapidamente nel tempo. Si modificano anche le preferenze degli individui: ad esempio, oggi giorno, queste si rivolgono a oggetti non sempre riconducibili a necessità primarie come avveniva nel passato: si registra, infatti, un crescente interesse per esempio tempo libero, l’ambiente, l’uguaglianza, la produzione etica, ecc.

Come cambiano, invece, nel corso della vita di una persona?
Con riferimento alle scelte di consumo, la risposta più immediata è che le preferenze si modificano con l’età, inducendo a ovvi cambiamenti. Con riferimento alle scelte finanziarie, le fasi della vita degli individui sono caratterizzate da livelli diversi di avversione al rischio e da una diversa gerarchia degli obiettivi da perseguire: per esempio, da giovani si aspira maggiormente ad ottenere alti guadagni, mentre da adulti/anziani si fa maggiore attenzione alla sicurezza dei propri investimenti.

Le nuove generazioni hanno vissuto e stanno vivendo numerose crisi: da quella finanziaria a quella pandemica, dalla crisi climatica a quella energetica fino alla disoccupazione. Tutto questo come sta influenzando e influenzerà il loro comportamento economico?
Ovviamente, le crisi che hanno caratterizzato gli ultimi anni hanno avuto un impatto sulle scelte di consumo della società in generale, oltre a quelle della fascia più giovane di cittadini, spingendo gli acquisti verso beni e servizi fruibili a distanza o in grado di rendere fruibili altri beni e servizi a distanza.
Ciò che di particolare si nota nei giovani è il loro cambiamento nelle scelte lavorative: in particolare, si osserva la loro tendenza a riscoprire l’importanza del tempo libero, anche a scapito di maggiori guadagni e di migliori prospettive di carriera.

I giovani sono però maggiormente “vulnerabili” rispetto alle scelte finanziarie: quali sono i bias più comuni nei loro comportamenti?
I comportamenti di acquisto risentono ovviamente dei condizionamenti di natura sociale: moda, per esempio, o più in generale necessità di far parte di una comunità con valori e obiettivi comuni. Per quello che riguarda le scelte di natura finanziaria, i giovani risentono spesso di bias comportamentali tipici della loro età, per esempio un eccessivo ottimismo e una overconfidence che porta i ragazzi a sopravvalutare le proprie capacità, muovendosi con eccessiva disinvoltura; non vengono, quindi, analizzate le necessità reali, né le proprie possibilità economiche e la sostenibilità dei propri risparmi, andando incontro al rischio (seppur spesso esiguo) di indebitarsi.

Hai parlato di “moda” e “comunità”. Un fenomeno diffuso oggi è la quotidiana immersione nella rete da parte dei ragazzi: quanto i canali di comunicazione utilizzati condizionano le scelte?
Le strategie di marketing delle imprese sono sempre più sofisticate e mirate grazie all’enorme mole di dati e informazioni di cui dispongono. Tuttavia, la pubblicità non è un fenomeno nuovo e tutte le generazioni hanno fatto i conti con questo aspetto tipico delle società industrializzate. Se è vero che alcuni messaggi sono occulti e, quindi, più subdoli, è altrettanto vero che oggi vi è una maggiore attenzione agli effetti che la pubblicità può avere sulla salute degli individui – basti pensare ai divieti di pubblicità imposti sul tabacco, sul gioco d’azzardo e all’importanza che hanno assunto le etichette apposte sui prodotti. Il problema, semmai, è la capacità di elaborare le informazioni che vengono fornite, filtrandole attraverso le proprie conoscenze. Il ruolo della scuola è in questo senso fondamentale.

Per ovviare a scelte sbagliate, quindi, l’implementazione di un’educazione finanziaria nei percorsi scolastici potrebbe aiutare?
L’educazione finanziaria è sicuramente fondamentale. Comprendere le principali leggi della finanza è cruciale per pianificare al meglio la propria vita, allocando in modo efficace le proprie risorse tra consumo, risparmio, diverse tipologie di investimento, assicurazione e previdenza.
Personalmente, credo sia importante anche una più generale educazione economica: gran parte del dibattito politico si basa su temi economici; per questo avere una conoscenza più approfondita dell’economia può indurre l’individuo a fare scelte consapevoli, permettendogli di assumere anche posizioni personali informate su tutti i temi più rilevanti che la società propone.