L’auditorium di Time4child

“Feed the Future” è live!

L’edificio virtuale della Lobby al centro dell’edizione 2021 con webinar in diretta

Sarà l’auditorium uno degli ambienti principali della Lobby, lo spazio a forma di città pensato per introdurre studenti e studentesse, genitori e insegnanti in “Feed The Future”.

In programma dall’11 al 15 novembre 2021, l’evento Time4Child sarà fruibile attraverso una piattaforma online che consentirà di vivere live un’esperienza significativa di crescita e consapevolezza in vista di scelte di vita, studio e lavoro.

Cliccando sull’icona dell’auditorium, gli utenti potranno assistere in diretta a tutti gli eventi di “Feed The Future”. I vari webinar, della durata massima di 40 minuti, verranno selezionati e seguiti dalle scuole sulla base di un programma fornito loro in precedenza allo scopo di sviluppare un tema specifico durante tutto l’anno.

Istituzioni, ministri, scienziati, accademici, associazioni, personalità dello spettacolo e della comunicazione, ricercatori: saranno queste le voci che popoleranno l’edificio e attraverso storie, testimonianze e punti di vista guideranno il pubblico in un percorso collettivo di riflessione e confronto.

Cinque invece i pillars dai quali verranno estratti gli argomenti: cibo, mente, salute, sostenibilità, diritti. Dalla biochimica alla alimentazione durante il covid, dalla tecnologia alla politica e alla parità di genere, dai nuovi lavori alla bellezza, fino all’intelligenza emotiva, si affronteranno i temi legati al futuro delle nuove generazioni.

Prendi posto in auditorium e partecipa al nostro “Feed The Future”, dall’11 al 15 novembre 2021.

Ti aspettiamo!

Continua a seguirci e proponici la tua esperienza come partner, sponsor o testimonial.

Puoi far parte anche tu di questo viaggio, scrivendo a info@time4child.com oppure chiamando il numero verde 800178717.

Dall’11 al 15 novembre nutriamo insieme la società!

Assetati di sapere, così si affronta il futuro

Materie utili al quotidiano ed empatia: così Antongiulio Borrelli immagina la scuola di domani

Empatia e capacità leggere le inclinazioni degli alunni, ricordando che “andare a scuola è ben diverso da studiare”. Ne è convinto Antongiulio Borrelli, ingegnere meccanico oggi trentenne che da circa dieci anni si dedica all’attività di supporto didattico di studenti in difficoltà con lezioni private e doposcuola.

Che relazione ha con i suoi studenti?

Il prof troppo amico dello studente non viene preso sul serio. Però ragazzi hanno bisogno di una figura di cui fidarsi, non di un rapporto uno contro uno. Io quindi cerco di essere un tutor che li accompagna in un percorso.

Com’è noto, a causa della pandemia, la didattica a distanza ha fatto irruzione nella scuola italiana. Il metodo didattico verso quale orizzonte pensa andrà?

Mi auguro si faccia tesoro dell’esperienza integrandola con i metodi di insegnamento tradizionale, quindi lezione frontale e Dad. Sicuramente lo studente è più attento nella prima. Ha una soglia di attenzione maggiore perché vede davanti a sé una figura con una materialità e una gestualità non bidimensionali, che lo coinvolgono e a livello cognitivo e visivo catalizzano molto di più l’attenzione. Ma a volte dal vivo un insegnante può essere limitato. Se sto spiegando e scrivendo alla lavagna col gesso, non posso utilizzare altri strumenti oggi molto comodi. Io personalmente non mi limito all’uso della lavagna virtuale: faccio integrazioni, uso dei software per mostrare ai ragazzi grafici o animazioni. Il futuro pertanto dovrebbe essere un ibrido. Se l’insegnamento dal vivo, oltre ai laboratori, potesse avvalersi degli strumenti virtuali sarebbe un gran passo. Sicuramente la digitalizzazione dell’insegnamento è necessaria, non in toto, ma in parte sì.

Secondo la sua esperienza di docente che entra in gioco dopo l’orario curriculare, la scuola italiana si è dimostrata all’altezza del cambiamento in questo anno e mezzo?

Non essendo io di ruolo non mi andrebbe di puntare il dito contro il sistema scolastico o contro gli insegnanti. Mi metto invece nei panni di quest’ultimi, che magari per trenta anni hanno insegnato in presenza e poi si sono ritrovati a dover fare tutto via computer. Io stesso ho trovato difficoltà a gestire l’aula. Quando hai una classe di 7-8 persone all’interno della quale emergono problemi a livello di connessione, la lezione diventa molto difficile. Figuriamoci con un’aula di 20-30 studenti. Un professore cosa può fare? Spesso la qualità della lezione non dipende dalle capacità dell’insegnante, ma dalla qualità della tecnologia che può sfruttare.

Quali sono le materie/discipline che oggi bisognerebbe insegnare ai ragazzi, ai giovani, per far fronte al futuro?

È una domanda da un milione di dollari. Intanto, manca una corretta informazione rispetto ai tanti indirizzi di studio esistenti. Spesso si sceglie una scuola perché va di moda, è di tendenza. Io sarei per l’istituzione di una sorta di pre-liceo durante il quale acquisire conoscenza di materie che sono alla base della vita quotidiana: inglese, economia, magari educazione civica, educazione fisica, educazione nutrizionale, informatica, logica e matematica di base affrontate con estremo rigore. Successivamente, darei ai ragazzi la possibilità di scegliere un indirizzo di studi. Anche l’insegnamento dell’italiano, purtroppo, è sottovalutato: abbiamo troppi giovani analfabeti funzionali, ragazzi che non sanno nemmeno guardarsi intorno, non sanno capire un testo e riassumerlo o articolare un discorso. Come si fa a insegnare loro greco o fisica?

Il nostro Paese ha un gap storico rispetto al resto d’Europa sull’apprendimento delle materie scientifiche. Quali sono le cause?

A mio avviso il problema deriva da presupposti sbagliati nella scelta della scuola. Oggi regna un falso mito da boomer per il quale chi si iscrive al liceo è intelligente, vale qualcosa e viene osannato; chi va altrove no. Che succede però? Che magari si sceglie lo Scientifico senza avere predisposizione per la matematica o il Classico senza averla per il greco o il latino. Il risultato sono classi di odiatori seriali di determinate materie. Altra causa è l’incapacità di seguire l’inclinazione del ragazzo. Ne ho seguiti due molto portati per materie non scolastiche, calcio e recitazione. Perché negare loro di coltivare una passione o un talento? Per loro prendere il diploma, per imposizione genitoriale, è stata una fatica… Eppure avevano sete di imparare, ma qualcosa di diverso dalle materie scolastiche.

Che ha imparato dai ragazzi in questi anni?

Ho imparato empatia più che altro. Troppo spesso l’insegnamento viene concepito come un marchingegno, un meccanismo preciso dove c’è chi spiega e insegna, e chi fa i compiti. Io ho imparato ad ascoltare i miei alunni al di là dell’ambito scolastico. A volte bisogna capire cosa passa nella testa di ognuno di loro per sbloccarli. Molti considerano frequentare la scuola come una perdita di tempo. Ma andare a scuola è diverso dallo studiare ed è inutile andarci se non si riesce a stare attenti. L’importante è studiare, che è ben diverso dall’andare a scuola.

Edifici e agorà: ecco la città virtuale di Feed the Future

Vivere l’edizione 2021 di Time4child sarà ancora più intuitivo grazie alla Lobby, l’ambiente che apre le porte della piattaforma online pensato come una città. Sarà un percorso di crescita per orientare le scelte di vita. Un’esperienza nell’esperienza

Uno spazio a forma di città, la Lobby, sarà l’ambiente che introdurrà studenti e studentesse, genitori e insegnanti a “Feed The Future”, l’evento Time4child in programma dall’11 al 15 novembre 2021.

Muoversi all’interno della piattaforma online, pensata come percorso di crescita e consapevolezza attraverso storie e saperi che possono orientare scelte di vita, studio e lavoro in maniera significativa, sarà un’esperienza nell’esperienza.

All’interno della Lobby l’utente troverà un’anteprima di ciò che accadrà nelle diverse stanze dell’edizione 2021, rappresentate da edifici e piazze. Basterà cliccare sui diversi elementi grafici che costituiscono la città per svelare i contenuti del programma e curiosare.

Partendo da sinistra si incontrerà un’area espositiva, contenente gli stand dei vari sponsor e partner del progetto.

Nell’auditorium sarà possibile assistere a tutti gli eventi live di “Feed The Future”.

Accanto ad esso, sorgerà l’edificio più grande della città: il laboratorio di Crea Agroalimentare, il più grande ente di ricerca nel settore agroalimentare in Italia e la sua sede virtuale non può non essere un palazzo di dimensioni imponenti, in un’edizione che ha scelto di focalizzarsi sul binomio cibo/nutrimento.

L’area on demand sarà l’ambiente che consentirà agli utenti di personalizzare la propria esperienza recuperando o rivedendo quei contenuti di cui non hanno potuto fruire live.

Nella casa T4C, invece, alloggeranno per tutta la durata dell’evento le mascotte di “Feed The Future”. Novità di questa edizione, ognuna di esse si farà portatrice di valori, insegnamenti e messaggi veicolati attraverso attività di gamification, fornendo così contenuti informativi e ludici allo stesso tempo.

Inoltre, tutta l’assistenza tecnica circa il corretto funzionamento della piattaforma sarà fornita dall’help desk, altro spazio cittadino.

Al centro della polis, come in ogni disegno urbanistico che si rispetti, troveremo, infine, l’agorà dei diritti. Sarà questo l’ambiente dedicato al nuovo pillar del 2021: i diritti degli individui e delle comunità come prerequisito del futuro. Nella piazza virtuale sarà possibile ascoltare testimonianze e punti di vista di volti noti, persone comuni ed esperti del settore. Ogni video scaturirà dalla riflessione attorno a una parola chiave. E l’agorà conterrà pure una sezione consultabile e scaricabile contenente il vocabolario dei diritti.

Non vedi l’ora di visitare la Lobby? Continua a seguirci e proponici la tua esperienza come partner, sponsor o testimonial.

Puoi far parte anche tu di questo viaggio, scrivendo a info@time4child.com oppure chiamando il numero verde 800178717.

Dall’11 al 15 novembre nutriamo insieme la società!

LA SINTONIZZAZIONE EMOTIVA (di Eva Ragnoli – Psicologa Perinatale)

Riconoscere e capire le emozioni dei bambini che cercano di esprimere attraverso la comunicazione NON verbale e molto importante perché concorrono a formare quello che sarà la sua struttura psichica e la sua personalità. 

Sintonizzazione emotiva significa comprensione e condivisione degli stati emotivi di un’altra persona. 

Tra le competenze genitoriali ci deve essere anche la capacità dunque di capire il bambino anche attraverso il suo comportamento. 

Entrare in sintonia emotiva con i propri figli non è sempre facile soprattutto quando il comportamento dei bimbi ci sembra irrazionale o esagerato. 

In queste situazioni, si tende a concentrarsi sui fatti e sulle soluzioni cercando di risolvere il più in fretta possibile l’evento critico un po’ perché ci mette a disagio, un po’ perché non abbiamo tempo, un po’ perché siamo in difficoltà. 

È più che comprensibile voler risolvere l’evento critico ma la fretta di risolverlo potrebbe non aiutare nostro figlio a superare le difficoltà. Frasi come “ non è niente, forza”, “ passa subito, non piangere”, sono molto

Poco utili quando il bambino è in preda a forti emozioni. 

Piuttosto utilizziamo un tono affettuoso, dimostriamogli che capiamo come si sente, cerchiamo un contatto fisico amorevole, facciamo in modo che il bambino si senta capito, sostenuto e non sminuito per le emozioni che sta provando. 

Una volta calmato, possiamo iniziare a trovare una soluzione al problema insieme a lui. 

💕e voi come fate quando vedete i vostri figli in difficoltà? 

Riuscite ad entrare in empatia? 

Elezione del Senato: sì definitivo al voto dei 18enni (di Draga Rocchi)

Approvato oggi, 8 luglio 2021, in via definitiva il Ddl costituzionale che abbassa l’età di voto per il Senato da 25 a 18 anni. Il testo, passato con maggioranza assoluta nell’aula di Palazzo Madama,  modifica l’art. 58 della Costituzione in materia di elettorato per l’elezione del Senato della Repubblica, sopprimendo il vincolo d’età che riservava la facoltà di voto solo a chi avesse compiuto 25 anni. Da oggi, come già accade per la Camera, sarà permesso ai 18enni di partecipare all’elezione dei senatori.

È una giornata storica per la nostra Repubblica: un passo avanti che rafforza la capacità decisionale del sistema democratico. Dalle prossime elezioni, per la prima volta, circa 4 milioni di giovani elettori potranno votare per entrambe le Camere.

E il messaggio è forte: la politica ha bisogno dei giovani, del loro coinvolgimento e della loro capacità di scegliere.  

L’estensione del diritto di voto al Senato ai 18enni offre un nuovo strumento di partecipazione e sfata il falso mito dei giovani disinteressati alla politica, dando voce ad una generazione che ha dimostrato, con grandi manifestazioni di piazza, di voler dire la sua su temi centrali come l’ambiente e i diritti. Oggi quelle richieste di un nuovo protagonismo entrano in modo ufficiale nel sistema, per rinnovarlo.

Finalmente i giovani avranno più forza nella scelta dei loro rappresentanti e saranno più coinvolti nella possibilità di costruire il loro futuro.

Questo nuovo diritto porta con sé una responsabilità per tutti: è decisivo formare cittadini consapevoli, dotati di senso critico e desiderosi di partecipare alla vita pubblica. È una riforma culturale, una cura alla sterilità dell’antipolitica.

Ora è davvero in gioco la formazione di un’estesa coscienza civica.

Il voto di oggi restituisce centralità al Parlamento e chiama a gran voce i più giovani a partecipare ai processi decisionali: da passivi destinatari delle politiche pubbliche, i giovani potranno essere protagonisti responsabili, diventando il cuore e il motore del processo di riforma del Paese.

Nutriamo di diritti la società

Parlare di diritti significa parlare di persone. Dall’11 al 15 novembre gli uni e le altre saranno al centro dell’edizione 2021 di Time4child, convinti che far conoscere agli studenti e alle studentesse i loro diritti è il primo passo per diffonderli.

I diritti nelle loro molteplici declinazioni saranno al centro di “Feed The Future”, l’evento 2021 di Time4child. Dall’11 al 15 novembre incontri e focus, in presenza e online, accompagneranno studenti e studentesse in un percorso di crescita e consapevolezza, attraverso storie, esperienze, saperi che possono fare la differenza nelle loro scelte di vita, studio e lavoro.

Parlare di diritti significa parlare di persone, di tutto ciò che influisce e condiziona la loro felicità, la loro libertà e la salute. I diritti, infatti, sono il prerequisito del futuro. E la metafora del nutrimento, sulla quale si fonda l’edizione 2021, abbraccia tutto ciò che, passando per l’area dei diritti, nutre la nostra società e la rende un luogo migliore.  

Non può esserci, infatti, salute senza diritto alla salute di genere, cioè a cure che tengano conto delle differenze di genere. Non esiste vera libertà senza l’abbattimento delle barriere mentali che impediscono piena realizzazione della parità e dell’uguaglianza, o l’incontro e l’integrazione tra popoli e culture. Non c’è tutela dell’ambiente senza presa di coscienza che essa è fortemente correlata alle pratiche di produzione del cibo, alla sicurezza sui luoghi di lavoro, alla formazione.

Per questo svilupperemo i seguenti temi:

  • il diritto di conoscere i propri diritti, dalla salute alla tutela da minacce e violenze;
  • il diritto delle donne all’autodifesa, anche attraverso pratiche sportive di combattimento non violento;
  • il diritto alla parità in ogni ambito del vivere sociale;
  • il diritto di amare chi si vuole;
  • i diritti di genere e di scelta;
  • il diritto di essere informati sulla trasformazione sostenibile;
  • il diritto di scegliere e, scegliendo, indirizzare lo sviluppo economico;
  • il diritto di crescere come persone migliori, imparando a riconoscere le radici della rabbia, dei pregiudizi e delle discriminazioni.

Conoscere e comprendere a fondo i nostri diritti è il primo passo per diffonderli e sostenerli con azioni di concreto rispetto e tutela. 

Puoi far parte anche tu di questo viaggio come partner, sponsor o con una testimonianza da portare.

Parità e violenza di genere: come parlarne alle medie? L’esperienza di Matera.

24 storie di donne, due secoli di leggi discriminatorie.

L’emozione e le lacrime di ragazzi e ragazze che imparano quando la storia che raccontano con le loro parole sembra diventare anche la loro. Una best practice che arriverà a novembre in Parlamento e potrebbe divenire la base per introdurre la parità di genere a scuola.

Il 4 giugno 2021 è stato presentato a Matera NON T’AMO DA MORIRE, evento nel quale è stata anticipata la pubblicazione di un libro scritto dagli studenti e dalle studentesse della 1H e della 3E dell’Istituto Comprensivo “Giovanni Pascoli”, nato dal progetto ‘Piccole grandi donne’ coordinato dalla professoressa Grazia Tantalo, che sarà pubblicato ad ottobre di quest’anno.

Era presente anche l’avvocato Stefania Ascari, parlamentare e prima firmataria del Codice Rosso, che è arrivata a Matera per partecipare all’incontro del 4 giugno. L’appuntamento è stato organizzato con l’associazione “Anna Rosa una di noi”, che lavora per la prevenzione del femminicidio, nel ricordo di una giovane donna materana uccisa dal suo ex convivente.

Se ogni ragazzo o ragazza racconta la storia di una donna vittima di violenza, allora e in parte diventa quella donna, si immedesima – spiega Tantalo -. Far scrivere i ragazzi, far sì che utilizzino le loro parole per raccontare le storie altrui fa sì che quanto raccontano diventi parte del loro vissuto. Ho visto i miei studenti piangere ascoltando le storie delle donne uccise e commuoversi incontrando i padri e sorelle delle vittime. E non c’è modo migliore di far capire che la violenza di genere è un abominio se non quello di fare entrare i giovani con tutte le scarpe in queste storie”.

Un metodo valido per ogni classe di età?

No, ma il tema della parità di genere può essere declinato in modi diversi a seconda delle classi. Con la prima media abbiamo ricostruito le radici storiche della diseguaglianza di genere e la lunga, lenta e tardiva marcia per correggere la discriminazione. Partiamo dall’assenza di diritti, da quello del voto alla possibilità di scegliere chi sposare; affrontiamo il codice fascista Rocco, il reato di “abbandono del tetto coniugale”; il delitto d’onore (abolito nel 1981) per arrivare al riconoscimento dello stupro come atto contro la persona e non contro la morale (1996) e, infine, alle norme contro reati “nuovi” come lo stalking e il revenge porn (Codice Rosso, 2019). Con i ragazzi e le ragazze di terza media, invece, si possono affrontare le storie delle vittime: le donne uccise o sfigurate.

Quale è la reazione degli studenti?

Stupore, commozione, capacità di ‘rendersi conto’. I ragazzi sono molto più ‘svegli’ di quanto si creda. Sono più ‘avanti’ di quello che la scuola e la società è pronta a riconoscere. Anche sul tema della sessualità, almeno una parte di essi. I ragazzi sono, anche e per fortuna, flessibili. Sono immersi in un universo di stereotipi e li assorbono come spugne: la donna non sa guidare; la donna non sa fare questo o quello; etc. Ma, a differenza degli adulti, non li hanno interiorizzati. Io stessa sono vittima dei pregiudizi sulle donne che mi condizionano anche se li riconosco come tali. I ragazzi hanno la plasticità di abbandonare i pregiudizi con la stessa naturalezza con la quale li hanno assorbiti, se si mostra loro che sono sbagliati. Infine, i ragazzi sanno stupirti. Sembra che non ascoltino, si guardano in giro ma, improvvisamente, rivelano turbamento e profondità eccezionali. Ascoltando le storie delle vittime, le domande che pongono (che fine faranno i figli dell’uccisa?) o il dilemma morale che individuano subito (deve un figlio/a denunciare un padre violento?) testimoniano il loro livello di comprensione.

Trattate anche delle origini della violenza di genere?

Solo di quelle storiche e del ruolo negativo che può avere una cultura oppressiva. Non delle radici sessuali ed emotive: la rabbia maschile, il senso del possesso fisico, il delirante concetto dell’onore non li tocchiamo. Anche se penso che i ragazzi sarebbero più pronti ad affrontarli di quanto scuola o famiglie siano disposte ad accettare.

Ma la materia della parità di genere potrebbe applicarsi all’intero arco scolastico?

Sì, esatto. Il percorso che abbiamo avviato può essere replicato nelle scuole medie, ma può anche continuare nelle superiori e iniziare alle elementari. È uno spunto. Perché con i più grandi si possono affrontare le dinamiche interiori, mentre con i più piccoli si possono togliere le radici dei i pregiudizi con facilità. Quello che è centrale è che, se si vogliono piantare i semi della parità e sradicare quelli della violenza, non c’è età migliore che quella scolare.

Come continuerà il progetto?

Lo porteremo in Parlamento come una best practice dopo l’estate. Un traguardo fantastico per riconoscere agli studenti il loro lavoro. Un grazie va all’impegno di Stefania Ascari, parlamentare italiana e prima firmataria del “Codice Rosso” che è un’entusiasta sostenitrice di progetti come il nostro. E poi continueremo, come ogni anno, ad insegnare, mostrando l’origine e la falsità dei pregiudizi, cercando di dare a ragazzi e ragazze gli strumenti per liberarsi delle catene e delle tossicità del passato e vivere, assieme, meglio e in un mondo migliore.

La storia di Marzia – il racconto in prima persona di una ragazza normale che divenne dipendente dall’eroina ma si salvò prima del precipizio

“Non l’avevo più scritto io il mio libro, era stato scritto da altre persone. Non ero più in grado di decidere per me stessa, allora mi sono detta: non ho più niente da perdere”. Con queste parole Marzia Carpinelli, da San Patrignano, presenta la sua storia: il lungo percorso della dipendenza da droghe fino al suo percorso di rinascita attraverso un metodo semplice ed efficace che scioglie le paure e la morsa del dolore. 

Nel 2020 Time4child ha incontrato Marzia, che ha condiviso con studenti e studentesse il suo vissuto raccontando online il meccanismo e le coincidenze che, a 18 anni, l’hanno resa dipendente dalla droga. Oggi lavora a San Patrignano, comunità in cui lei è entrata a 25 anni.  La sua storia inizia qualche anno prima. 

Marzia nasce in una famiglia normale e trascorre un’infanzia felice fino ai 18 anni, momento in cui, si verifica un punto di rottura: suo padre scopre di avere il cancro. Si ritrova così a vivere una situazione che non aveva mai provato prima. I suoi genitori devono spostarsi forzatamente in un’altra regione e lei rimane sola con il fratello maggiore. Inizia a sentirsi abbandonata, si chiude in sè stessa, e non racconta a nessuno quello che sta passando.

Marzia avverte un carico di responsabilità grande, per una ragazza di 18 anni, non chiede aiuto, vuole apparire forte di fronte ai suoi amici, non vuole mostrare le sue debolezze. Si crea un personaggio e si nasconde dietro ad esso: così il suo malessere si trincera dentro di lei.

L’incapacità di verbalizzare le toglie la possibilità di sfogarsi, ricevere conforto, trovare soluzioni. Non ha punti di riferimento. In questa circostanza conosce un ragazzo che fuma cannabis, e nel momento in cui lui gliela offre lei accetta. Dietro questo gesto c’è un bisogno di lasciarsi andare, di allentare la presa della sua ansia interiore che la fa sentire male dovunque sia.

In quel momento la sua fragilità la rendeva bersaglio per essere colpita da questa “novità” della droga; per ogni problema la soluzione era la sostanza e, nel giro di pochi mesi, la cannabis non bastava più. Per lei era iniziato il declino.

Tuttavia, mentre Marzia si faceva del male, fuori lei faceva del bene. Nello stesso periodo aveva creato una ONLUS per i ragazzi del suo paese, che vivevano in un contesto familiare che non garantiva loro un andamento scolastico sano ed equilibrato, ed è in questa circostanza che ha conosciuto un altro ragazzo che l’ha portata a provare la cocaina. 

La droga non era un piacere, era un sollievo per tutti i problemi che non venivano affrontati, perché creavano un dolore che doveva essere anestetizzato. Tutte le sue paure e le sue paranoie si addormentavano nella droga: aveva apparentemente trovato un modo per evadere e non essere presente. 

Inizia a diventare dipendente dalla cocaina per essere accettata sia dal nuovo ragazzo sia dal nuovo gruppo di “amicizie” che si era creata, ma anche in questo contesto non si sente accettata. La dipendenza era diventata duplice: dalla sostanza e dall’accettazione del gruppo. “Non l’avevo più scritto io il mio libro, era stato scritto da altre persone. Non ero più in grado di decidere per me stessa, allora mi sono detta: non ho più niente da perdere”. A questo punto Marzia passa all’eroina, non le importa più di niente, e quando nemmeno l’eroina fumata basta più e dovrebbe passare all’iniezione, capisce di essere arrivata a un punto di non ritorno: il baratro era vicinissimo. Per fortuna ha avuto un brivido di rigetto davanti all’ago, ha avuto paura e, solo allora, ha chiesto aiuto ai suoi genitori.

Il punto di svolta è arrivato quando è entrata in contatto con la comunità di San Patrignano, che ha dei centri di ascolto in tutta Italia, per ragazzi con le sue stesse difficoltà. Lì è iniziato il suo percorso di cura, di rinascita. 

Per Marzia il modo migliore di risolvere i problemi è riconoscere che esistono e, guardandoli in faccia, capire che possono essere abbracciati in uno sguardo; capire che non sono infiniti, né così grandi da non poter essere risolti. Sentirsi schiacciare, evadere, fuggire fanno rimanere i problemi dove stanno, e li fanno sembrare più grandi. Soltanto il coraggio di affrontare quello che crea dolore permette di scoprire la soluzione nel percorso, scoprendo anche che le difficoltà erano meno grandi di quanto si pensasse. 

Il metodo giusto? Riuscire a porsi degli obiettivi giornalieri e portarli a termine: questa è la chiave del successo per tornare ad avere fiducia e stima in sè stessi e difendersi sia dalle paure interne che dai pericoli del mondo esterno. 

GUARDA L’INTERVISTA COMPLETA 

I rischi delle nuove droghe: con il Covid il consumo non si arresta

La psicologa clinica Francesca Maisano lancia l’allarme sulle sostanze sintetiche e rilancia il ruolo della scuola per la prevenzione.

I rischi dell’uso e abuso di sostanze tra gli adolescenti crescono con l’aumento dell’offerta. I nuovi oppioidi sintetici producono una dipendenza feroce e molto aggressiva. E il lockdown prolungato ha avuto come conseguenza una proliferazione delle vendite sul dark web. Time4child continua a parlarne con testimoni e professionisti, proseguendo un filone di ricerca che vuole offrire a studenti e studentesse l’esperienza viva  e reale di chi la droga l’ha subita o ne ha visto in prima persona gli effetti. In questo articolo ne parliamo con la Dott.ssa Francesca Maisano, psicologa clinica e psicoterapeuta, referente del Centro Adolescenti Casa Pediatrica – ASST Fatebenefratelli Sacco, che ci offre una panoramica delle criticità vecchie e nuove, a partire dal bisogno di “parlare di più dei rischi connessi alle sostanze, a partire dalla scuola”.

Quali sono le cose più importanti che un adolescente deve sapere sulla droga?

Le droghe sono sostanze chimiche o derivate da piante che possono causare alterazioni mentali, emotive e fisiche. Spesso i ragazzi quando ne fanno uso, lo fanno con l’intento di sentirsi più disinibiti e sciolti, per divertirsi con gli altri, ecc. In realtà quello che succede è che le droghe modificano l’umore e il modo di relazionarsi con gli altri, nel senso che vanno a provocare una modificazione delle funzioni biologiche, agendo sul Sistema Nervoso Centrale, provocando dipendenza.

Qual è la cosa giusta da dire a ragazzi tra i 15 e i 19 anni, che vada oltre “non drogarti” e “non bere”?

Spesso i ragazzi pensano di poter gestire l’assunzione di sostanze, ma di frequente questo non avviene e l’uso può diventare abuso. Ciò induce ad assumere nuovamente la sostanza e a passare in breve da un uso saltuario a un uso giornaliero, innescando un’elevata dipendenza psicologica. L’uso cronico può comportare cambiamenti di umore repentini e frequenti, ansia, disturbi dell’attenzione e della memoria, alterazioni sessuali e allucinazioni visive, udite e tattili. È importante che i ragazzi pensino a questo. Bisogna informarsi sempre e riflettere. Chi ha paura delle sostanze vuol dire che conosce gli effetti avversi. 


Le droghe sono più pericolose oggi rispetto a qualche decennio anni fa?

Le droghe tutte sono pericolose. Oggi si assiste sempre più a una maggiore diffusione di nuove sostanze psicoattive (oppiacei, stimolanti, depressive…) con un consumo sempre più diffuso tra i giovani. Chi le assume spesso non conosce gli effetti collaterali di queste droghe sul Sistema Nervoso Centrale. Al contrario delle droghe tradizionali, quelle sintetiche vengono vendute quasi esclusivamente su internet, con una facilità di reperimento sempre più dilagante tra i giovani.

L’assunzione di droghe è trasversale o colpisce strati sociali in maniera diversa?

È trasversale e gli effetti pericolosi valgono per tutti, soprattutto per quei ragazzi particolarmente vulnerabili, il cui forte consumo di sostanze psicoattive spesso si associa alle loro sofferenze psichiche. 


L’uso cresce o diminuisce? Il Covid ha chiuso i luoghi del consumo o li ha semplicemente sostituiti?

Con la pandemia è probabile che gli assuntori di sostanze d’abuso si siano rivolti al mercato illegale del dark web (il web nascosto/sommerso). Dai dati delle Forze dell’Ordine di quest’ultimo anno sembrerebbe che l’epidemia Covid-19 abbia aumentato la domanda di droga attraverso il web. 

Cosa hanno portato di nuovo le droghe sintetiche?

Le droghe sintetiche sono pericolosissime. Non si conosce il loro contenuto ed è difficile analizzarle nella loro totalità. Spesso contengono sostanze chimiche non identificate e gli effetti sulla mente e sull’organismo sono sconosciuti. Gli oppioidi sintetici danno una dipendenza feroce e molto aggressiva.


Cosa bisogna fare per schermare i giovani dai danni peggiori? Approccio ‘piscologico-sanitario’ (analizzare le pasticche fuori dalle discoteche) o repressivo?

L’argomento delle sostanze dovrebbe essere trattato molto di più, a partire dalla scuola, in modo preventivo. Non tutti i ragazzi sanno i rischi a cui vanno incontro usando le droghe. Pensiamo all’alcol, che è una sostanza a tutti gli effetti. Nel nostro Paese l’alcol è legale e gli adulti di frequente non si accorgono che il primo consumo alcolico dei figli avviene in casa. Molti ragazzi hanno l’errata idea che non tutte le sostanze facciano male allo stesso modo e anche questo deve essere meglio spiegato, affinché possano comprendere la gravità del loro uso. Bisogna che il tema venga affrontato in più occasioni, che vanno dalla scuola ai centri ricreativi e ai centri di salute per dare maggiori informazioni e una maggiore consapevolezza su questo tema.